venerdì 20 gennaio 2017

Crumb (Terry Zwigoff 1994)


Chissà se Terry Zwigoff si aspettava di scoperchiare un simile vaso di Pandora quando concepì l'idea di un documentario sulla vita e la carriera di Robert Crumb, celebre fumettista e illustratore statunitense. Non che le controversie legate alle opere e alla vita privata di questo eccentrico artista lasciassero immaginare una personalità facile e un universo familiare ameno, ma ciò che la cinepresa di Zwigoff si trova a documentare supera ogni immaginazione per sconfinare gradualmente nel regno della della più cupa follia, sollevando accidentalmente importanti interrogativi riguardo all'opportunità di mostrare il volto indifeso della malattia mentale in nome dell'autenticità e dell'arte.

Zwigoff fa una lunga carrellata delle diverse fasi artistiche di Crumb, dalle prime esperienze come illustratore al periodo underground-psichedelico, passando per gli anni in cui lavorò come fumettista per l'autoprodotta rivista Weirdo, fino alle opere più disturbanti che gli valsero l'ostilità di una grossa fetta del suo pubblico affezionato. Ne viene fuori l'immagine di un artista che, come il "tenero barbaro" di Bohumil Hrabal, fa della sua arte una strana forma di psicoterapia, e della sua penna una "valvola che raffredda la caldaia surriscaldata del suo cervello". Nel tracciare l'arco di questa singolare carriera artistica il regista si serve sia di materiale di repertorio che della testimonianza diretta dello stesso Crumb, il quale acconsentì, dopo una forte riluttanza iniziale, a convivere con l'ingombrante presenza delle telecamere per circa una settimana del 1994. Telecamere che non si accontentano di inquadrarlo nella sua quotidianità, in presenza della moglie e dei figli, ma si spingono sempre più oltre nell'intimità di Robert, arrivando anche a riprendere ciò che resta della sua famiglia d'origine: la madre, schiva e trasandata, anche detta affettuosamente "Mother"; il fratello Charles, rinchiusosi nella casa materna circa vent'anni prima e ora incapace di un qualsiasi contatto con il mondo esterno; e il secondo fratello Maxon, illustratore di minor talento e fortuna dall'equilibrio psichico vacillante.

L'incontro con queste tre figure chiave, certamente essenziale per capire molti aspetti del Crumb uomo oltre che del Crumb artista, ma che probabilmente nelle intenzioni di Zwigoff doveva rappresentare semplicemente uno dei tanti pezzi del puzzle, finisce per stendere su tutta la vicenda un velo di profonda amarezza che ci accompagnerà per tutta la durata del film e difficilmente potremo scrollarci di dosso. Da principio si tratta di una sensazione molto vaga: mentre conversa con i suoi familiari Robert diventa ironico e canzonatorio, ostenta un distacco quasi disumano verso sventure che non sembrano riguardarlo, e non si fa alcuno scrupolo a mettere a nudo le debolezze più inconfessabili della sua famiglia davanti all'occhio indiscreto del regista. Per rendere l'idea, non si sorvola neppure sulla frequenza delle sessioni onanistiche dei fratelli Crumb. La madre, inizialmente refrattaria all'idea di farsi riprendere, cede infine alle lusinghe di un breve momento di celebrità e si presenta vestita di una tuta tappezzata di vistose macchie di sudiciume, segno di una trascuratezza decennale, per poi intavolare con Charles una vivace discussione sulla sua scarsa igiene personale. Uno spettacolo desolante, che commuove e disturba in ugual misura.

Man mano la situazione in cui versano i due fratelli diventa sempre più chiara: entrambi sono affetti da gravi problemi psicologici, Charles ostaggio di una profonda depressione resa sopportabile soltanto dalla reclusione forzata e da una costante assunzione di farmaci, Maxon vittima di disturbi assortiti della personalità che la passione per il disegno e la meditazione, praticata su un letto di chiodi, tengono sommariamente a bada. Una volta al mese provvede alla depurazione (si fa per dire) del suo organismo per mezzo di un laccio di svariati metri di lunghezza, che fa lentamente scivolare nella cavità orale con l'ausilio di copiosi sorsi d'acqua, per poi riacchiapparlo dopo circa tre giorni dall'orifizio anale, come fosse una sorta di filo inter-viscerale. Mentre assistevo a tutto questo, una serie di domande mi passava per la testa: dove sono i servizi sociali? Perché il regista ci sta facendo vedere questo? Chi ha dato il consenso ad inserire materiale così delicato in un film regolarmente distribuito, dal momento che sicuramente i soggetti in questione non sono in grado di intendere e di volere?

Interrogato a proposito dei contenuti estremi dei suoi fumetti, accusati a più riprese di pornografia, misoginia e razzismo, Crumb con onestà risponde: «Forse dovrebbero impedirmi di disegnare, sequestrarmi pennini e inchiostro, non lo so...» Chissà che Zwigoff non sia stato colto da un simile scrupolo mentre puntava la cinepresa sulle altrui miserie; e chissà se rinunciare ad uno dei più importanti documentari del ventesimo secolo non sarebbe stato tutto sommato un piccolo prezzo da pagare, in confronto al rischio di turbare per sempre la quiete di una famiglia segnata da anni di abusi, gravi disturbi mentali e tristi vicende giudiziarie. D'altra parte sarebbe ingiusto accusare Zwigoff di voler infierire sul dolore delle persone, anzi, va detto che spesso di fronte ad inaspettate rivelazioni la macchina da presa fa un passo indietro; come quando, di fronte alla vistosa trasandatezza della madre, sceglie di occultare le chiazze untuose sui vestiti inclinando strategicamente l'inquadratura. Difficile in ogni caso liberarsi dell'idea che Crumb sia il prodotto di una curiosità morbosa quanto l'oggetto della sua indagine, anche se il critico Robert Hughes, intervistato più volte nel corso del film, ci assicura che l'arte, lungi dal seguire un progresso lineare verso la bontà e l'umana fratellanza, trae più spesso ispirazione dalla sofferenza, dalla cattiveria e dalla perversione.

È noto che ogni osservazione altera in modo irreparabile il fenomeno osservato, e Robert Crumb ce ne dà la prova tangibile disegnando in diretta una telecamera nell'atto di riprenderlo mentre giace esausto sul letto. E mentre questo disegno, sottratto al mondo delle idee dall'insinuante cinepresa di Zwigoff, si materializza davanti ai nostri occhi entrando a far parte del corpus artistico di Robert Crumb, realizziamo con una certa vertigine che Crumb e Crumb resteranno per sempre indissolubilmente legati, che la storia di Crumb non potrà mai più essere raccontata senza menzionare Crumb. Se poi il film abbia avuto un impatto tale da condizionare alcuni dei tragici eventi che seguirono, non spetta a noi stabilirlo; di certo, tra tutti gli interrogativi che solleva, questo è il più atroce.

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