Denis Villeneuve si conferma ancora una volta uno dei migliori registi in circolazione. Arrival è tante cose insieme - un film di fantascienza ambizioso e intelligente, un elaborato mind-game movie, un inno alla cooperazione fra civiltà, una raffinata speculazione sulle capacità del linguaggio di creare empatia e abbattere barriere mentali. Non raggiunge la perfezione, qualunque cosa essa sia: come la maggior parte dei suoi film, soffre di un'esasperazione di toni che rischia di rendere la visione un po' indigesta, ed inoltre fa un uso non del tutto onesto del montaggio per condurre lo spettatore su una falsa pista, concedendogli l'illusione dell'onniscienza per poi smontare progressivamente le sue certezze sul finale. Sono inezie in confronto a tutto ciò che funziona, ma è proprio di inezie che vorrei parlare oggi.
Quando sul suolo terrestre atterrano dodici navicelle spaziali abitate da alieni dalle intenzioni non manifeste sul pianeta si scatena una corsa preventiva agli armamenti in vista di un eventuale conflitto. Nel frattempo la linguista Louise viene incaricata di coordinare una task force composta da scienziati di varia estrazione con lo scopo di stabilire un canale di comunicazione con gli alieni, nella speranza di scongiurare lo scontro di civiltà per mezzo della diplomazia. Inizia così una corsa contro il tempo per cercare di decifrare gli strani logogrammi fluttuanti che gli "eptapodi" dipingono a mezz'aria con l'inchiostro dei loro tentacoli, compito che si rivela ancora più arduo nel momento in cui i ricordi annebbiati di una maternità travagliata iniziano ad affollare la mente sovraccarica e confusa di Louise, interferendo con i suoi pensieri coscienti in modi che le sfuggono completamente.
Arrival si presenta come un rompicapo perfettamente congegnato, dalla logica interna inattaccabile, anche se, come ogni storia che ammetta al suo interno la possibilità di una contraddizione (sto cercando di rimanere sul vago per non spoilerare) richiede un salto di fede da parte nostra per poter essere creduta. All'uscita dal cinema le seghe mentali sono d'obbligo, visto che lo scioglimento dell'enigma centrale del film ci obbliga a riconsiderare sotto una nuova luce tutto ciò che abbiamo visto fino a quel momento. Ma per quanto sia affascinante realizzare come ogni cosa si incastri perfettamente (anche se personalmente ho ancora qualche dubbio sulla presenza del canarino nel ritratto...) non sono tuttavia riuscito a liberarmi della sensazione che Villeneuve abbia giocato un po' sporco. Cerco di spiegarmi meglio.